Fuori stagione alle Cinque Terre sui sentieri tra vigneti eroici. E lontani dalla folla.
Ieri il periodico Dove del Corriere della Sera ha pubblicato un bellissimo articolo che racconta il nostro territorio con uno sguardo diverso, profondo e autentico.
Un paesaggio verticale, che sale brusco dal litorale ai boschi e ai campi coltivati, stretti in fasce a gradoni tanto sottili da sembrare impossibili, tenuti insieme da un groviglio di terrazzamenti (che qui chiamano cian), scale di pietra e muretti a secco: quelli di contenimento per imbrigliare la terra, quelli di posa dove lasciare le ceste per l’uva e gli attrezzi di un’agricoltura eroica, dove tutto si fa ancora a mano.
Un piccolo mondo antico che richiede tempo per essere visitato. Perché dal treno − il mezzo migliore, che corre in lunghe gallerie scavate dentro la montagna − le Cinque Terre non si riesce nemmeno a vederle. Perché le barche faticano a raggiungerle non appena il mare si ingrossa un po’. Perché le strade, tortuose, ripide e strette, arrivano a stento. Perché i paesini sembra non abbiano nemmeno vie e piazze, ma soltanto alte case costruite le une sulle altre, con fondamenta gettate nell’acqua come ninfee o mangrovie.
Il tardo autunno è il periodo migliore per visitare questa zona: c’è una luce magica, la temperatura è perfetta per camminare e i sentieri sono poco affollati, consiglia il direttore del Parco Nazionale delle Cinque Terre – Area Marina Protetta, Patrizio Scarpellini.